Menu

Recensioni

L'omosessualità: affermare la verità con amore

di Edward T. Welch

Recensione pubblicata su «Lux Biblica», anno XIX, n. 37, I sem. 2008, pp. 183-185

La questione dell'omosessualità è notoriamente dibattuta sia nella società sia all'interno delle comunità religiose. Sarebbe pertanto errato inquadrare il dibatto come se ci fossero tutti i laici da una parte (i «liberali favorevoli») e i religiosi dall'altra (i «fondamentalisti contrari»). L'eticità dei rapporti tra persone dello stesso sesso è di fatto motivo di controversia sia per chi non crede sia per chi crede.

Il trattato di Welch si rivolge in particolare a quest'ultimi, fornendo un orientamento su alcune questioni esegetiche e tracciando una semplice linea pastorale per un'accoglienza senza compromessi per le persone omosessuali.

Di fronte ad alcune linee interpretative del testo biblico mirate a giustificare la pratica omosessuale, come ad esempio quella che indica l'omosessualità come una questione di sviluppo culturale (analoga al velo della donna), oppure quella che afferma che la condanna biblica dell'omosessualità si riferisca solo a rapporti perversi di prostituzione omosessuale e non a rapporti stabili di fedeltà tra omosessuali, Welch ragiona con fermezza sui testi per dimostrare che l'omosessualità secondo la Bibbia è sempre peccato. Alla domanda specifica sul perché alcune persone siano omosessuali, il libro presenta alcune delle più recenti scoperte scientifiche usate a sostengo della tesi della causalità biologica e ne mostra la relativa inattendibilità. Viene rivolta sufficiente attenzione anche alle spiegazioni psicologiche, ma anche in questo caso, l'autore le classifica come eventuali cause secondarie mentre la causa primaria rimane la natura peccaminosa dell'uomo.

Il libro è introdotto da alcune indicazioni pastorali riguardo all'atteggiamento da avere nei confronti degli omosessuali e si conclude con la spiegazione del modo in cui il messaggio trasformatore della grazia rappresenta la vera soluzione a tutti i peccati dell'uomo.

La collana di Alfa e Omega «Risorse per cambiare» è ricca di vari titoli di grande attualità. Essendo piccoli tascabili divulgativi, se le pretese sono quelle di dare delle nozioni introduttive e non di trattare in modo esauriente gli argomenti, allora gli editori sono riusciti bene nel loro intento.

Marvin Oxenham

ACQUISTA QUESTO LIBRO
(vedi i dettagli)

ALTRE RECENSIONI

Ma che c'entra Darwin? Un dialogo amichevole sull'evoluzione

R.C. NEWMAN & J.L. WIESER

Recensione pubblicata su "Il Corriere del Sud", anno XXII, 01/2013, p. 5

L'editore Alfa & Omega di Caltanissetta e l’AISO, Associazione Italiana per lo Studio delle Origini di Milano, si stanno dedicando da molti anni a fare chiarezza sulle teorie evoluzioniste con la stampa di testi che affrontano il tema in modo chiaramente critico, con argomenti logici e scientifici assai convincenti. Al ricco catalogo sul dibattito evoluzionista, consultabile sul sito www.alfaomega.org, si è aggiunta in questi giorni una nuova pubblicazione Ma che c’entra Darwin? un dialogo amichevole sull’evoluzione di Robert C. Newman & John L. Wiester con Janet & Jonathan Moneymaker – (revisione di Stefano Bertolini), pp.158, €12,50. Il libro è una novità editoriale perché gli argomenti sono trattati quasi interamente a ‘fumetti’ integrati da note esplicative e richiami ai principi logici per affrontare la discussione sulle varie problematiche. I disegni sono molto piacevoli e calzanti come i due protagonisti, il prof. Tuttodire, sostenitore del darwinismo e la professoressa Facciodomande, che propone prove a favore della progettazione intelligente della natura. A questi si aggiungono i famosi investigatori Holmes e Watson simpaticissimi nel risolvere ‘il mistero dei fossili mancanti’, un episodio esilarante e insieme istruttivo. “… È un errore enorme – ammonisce Holmes ad un certo punto - formulare ipotesi prima di conoscere i fatti, altrimenti si inizia a distorcere i fatti per farli rientrare nelle ipotesi invece di cambiare le ipotesi per combaciare con i fatti”. L’impostazione di metodo è logica fin dall’inizio del dibattito. Infatti la professoressa Facciodomande molto opportunamente chiede che prima di tutto ci sia una definizione e un accordo sul significato del termini che saranno utilizzati. In proposito ci sia consentito fare un’appunto sull’uso del termine ‘microevoluzione’: questo, seppur assimilato nella spiegazione a variazione, richiama un evoluzionismo temperato non rispondente ai fatti.

Nelle pagine successive la professoressa Facciodomande usa il termine variazione che è più appropriato e non è ideologicamente fuorviante. È forse opportuno richiamare il pensiero di Darwin sull’argomento: “ Se si potesse dimostrare l’esistenza di un qualsiasi organo complesso che non abbia potuto essere formato attraverso modificazioni numerose, successive, lievi, la mia teoria dovrebbe assolutamente cadere” (Charles Darwin, L’origine delle specie, Torino, 1967, pag. 272). Ma a parte il rilievo su microevoluzione/variazione il volume merita ampia diffusione anche per l’approccio simpatico e veramente rispettoso. Si presta bene alle discussioni scolastiche che avrebbero l’opportunità cosi di affrontare temi controversi con educazione e logica. Forse per qualcuno potrebbe essere occasione di un cammino nuovo verso la Verità e la libertà.

Per sottolineare l’importanza delle ‘chiavi di logica’ può essere utile ricordare queste parole del Card. Giuseppe Siri: «Tutte queste ossa (nelle quali il grande naturalista Cuvier non volle mai riconoscere dei dati favorevoli all’evoluzionismo), supposto che con esse e con oneste illazioni si possa arrivare a costruire lo scheletro di un vertebrato di poco dissimile dall’”homo sapiens”, dimostreranno che nella scala degli esseri esiste un numero di più, ma non è affatto dimostrato che, essendoci un A, A sia diventato B. Che si deve dimostrare è il passaggio, nessuna grande rassomiglianza autorizza ad affermare la trasformazione. Qui si tratta di logica. Qui abbiamo l’altro grande punto critico dell’evoluzionismo, che ha fondato la sua dimostrazione sedicente scientifica proprio su questo salto di natura illogica. La logica va applicata egualmente in tutte le scienze in modo che un non qualificato in una determinata scienza, non può aprire bocca nelle affermazioni che la riguardano, ma può accorgersi, se è istruito in logica, quando una determinata premessa è o non è in grado di generare quella conseguenza o conclusione. La prima regola di qualunque ragionamento resta sempre: “Latius hos quam praemissae conclusio non vult”. (cit. in Cristianità, Anno XI, n.95, 1983).

Andrea Bartelloni



ACQUISTA QUESTO LIBRO
(vedi i dettagli)

ALTRE RECENSIONI

L'illusione di Dawkins. Il fondamentalismo ateo e la negazione del divino

ALISTER & JOHANNA McGRATH

Recensione di Marco Respinti, pubblicata parz. sul quotidiano «Libero», del 30 novembre, pp. 30-31, col titolo “Dawkins vs. McGrath Duello a Oxford sull'ateismo“

Bisogna ammetterlo, la religione provoca solo danni e lutti. Spinti all’odio dagli articoli di un credo, gli uomini si massacrano allegramente l’un l’altro convinti di avere la verità in tasca. Strumenti del loro fervore divino sono inquisizioni, liste di proscrizione, bracci scolari armati. I più fanatici sono poi i fondamentalisti, quegl’integralisti tetragoni la cui cecità è pari solamente all’oscurantismo in cui vogliono gettare l’universo mondo. Negano l’evidenza, sputano sentenze e della sicumera fanno uno stile di vita. Razzismo, intolleranza e violenza sono figli loro. Un nome esemplare? Richard Dawkins, il famoso cattedratico dell’Università di Oxford, talebano di una religione tutta sua, la teofobia.

È lui l’esempio più calzante del fideismo scientista che deriva dalla ragione usata male e dell’ignoranza più crassa. Già, perché se Dawkins non è né irrazionale né ignorante, significa che è il contrario, ovvero lucido ed esperto. In questo caso, sarebbe però straordinariamente in malafede. Prendi il suo strombazzatissimo e recente L’illusione di Dio, pubblicato in italiano da Mondadori. È un atto d’accusa diritto e feroce contro le fedi e le religioni, in primis il cristianesimo, contro Dio e l’idea stessa di Dio (curioso assai: nell’Albania del più truce regime comunista che la storia abbia conosciuto la costituzione dello Stato prevedeva la lotta frontale addirittura all’idea di Dio, con tanto di morti ammazzati a centinaia…). Perché la questione è proprio questa: o Dawkins spara a casaccio senza sapere di cosa sta parlando, oppure la sa lunga, mira preciso e però allora mente sapendo di mentire.

Il modo grottesco con cui Dawkins imbastisce la propria requisitoria, fra processo alle intenzioni e caccia alle streghe, è infatti fondato su preconcetti e mistificazioni. Chi lo rileva con la puntigliosità di un orologiaio svizzero è Alister E. McGrath, che però non è svizzero ma inglese e che di Dawkins è collega a Oxford. Insegna infatti Teologia storica nel prestigioso ateneo inglese ed è Senior Research Fellow all’Harris Manchester College (il più piccolo e il più nuovo di Oxford). McGrath avrà sentito predicare monsignor Dawkins più di una volta e così, avendone colma la misura, sé è gettato in un libello sapido e pregnante, L’illusione di Dawkins. Il fondamentalismo ateo e la negazione del divino (trad. it., Alfa & Omega, Caltanissetta; tel. 0934/516692), scritto assieme a Johanna Collicut McGrath, docente di Psicologia della religione all’Heytrop College dell’Università di Londra.

Ora, anche se pluriblasonato docente a Oxford, uno può certamente, fra una regata e una lezione, studiare da ateo, epperò lo deve fare come si deve, se non altro per decoro e rispetto verso l’istituzione che rappresenta. Dawkins è invece sgangherato, ridicolo, persino puerile nel suo modo di fare. Alister McGrath, per contro, è una raffinata mente protestante, uno dei maggiori teologi viventi, con all’attivo libri importanti come (per restare ad alcuni di quelli disponibili anche in italiano), Teologia cristiana (Claudiana, Torino 1999), Il pensiero della Riforma (Claudiana, 2000), Scienza e fede in dialogo. I fondamenti (2002) e Dio e l’evoluzione. La discussione attuale (con introduzione di Giovanni Federspil, Rubbettino, Soveria Mannelli [Catanzaro] 2006). Né va scordato almeno il suo Dawkins’ God: Genes, Memes, and the Meaning of Life (Blackwell, Oxford 2004). Quindi al castello di scempiaggini messo su da Dawkins non ci sta, non ci può stare. E gli risponde da ateo convertito qual è (ossia uno che conosce bene il giro mentale degli avversari) e da biologo molecolare quale pure è, capace di rintuzzare i cortocircuiti proposti da colui che è stato soprannominato “il rottweiler di Darwin”. Segnando subito un punto a proprio favore. Lui è dottore sia in teologia sia in biologia e quindi parla con cognizione di entrambi gli argomenti. Dawkins è invece solo biologo e quando parla di teologia e simili va a tentoni. Buttando lì, spesso inventando. Molti suoi recensori, anche atei, numerosi suoi colleghi, anche non-credenti, hanno già giudicato, per iscritto, le sue contumelie francamente imbarazzanti.

Dawkins però non demorde, e nel suo librone definisce Dio nientemeno che un virus che infetta la mente. È di quelli, insomma, che, con argomentazioni vecchie almeno quanto Ludwig Feuerbach e Friedrich Engels, sbatterebbe il prossimo in gattabuia, anzi in manicomio solo perché reo di avere un’idea, di nutrire una convinzione.

I due McGrath passano tutto in rassegna e a tutto rispondono. Con una signorilità, oltre che una precisione, ignote a Dawkins. In passato Alister McGrath non si è del resto tirato indietro quando si è trattato di apprezzare alcuni aspetti del pensiero di Dawkins. Ne L’illusione di Dawkins i due McGrath criticano peraltro l’ipotesi del “progetto intelligente” in un modo che certo non può dispiacere nemmeno a Dawkins (anche se questo è il loro limite, laddove scambiano la questione per teologia invece che apprezzarla per scienza qual essa è). E si servono, in parte, anche di Stephen Jay Gould, il defunto paleontologo statunitense, evoluzionista e marxisteggiante che postulava l’esistenza di due verità distinte, una scientifica e una religiosa, benché criticandolo. C’è però da star sicuri che Dawkins non renderà loro la cortesia.

 


ACQUISTA QUESTO LIBRO
(vedi i dettagli)

ALTRE RECENSIONI

La scatola nera di Darwin. La sfida biochimica all'evoluzione

MICHAEL J. BEHE

Recensione pubblicata su «Studi di teologia», XX, 2008/1, p. 99

Uscito in prima edizione nel 1996, il libro ha lanciato di fatto il movimento del "disegno intelligente" secondo cui la natura mostra una progettualità che non può essere ridotta a mera casualità. Se i darwinisti si facevano forti dell'argomento della complessità per screditare le tesi creazioniste, troppo "semplicistiche" ai loro occhi, l'A. ro­vescia la tesi mostrando come siano le tesi evolutive darwiniane a non rende­re ragione della complessità del mon­do. E' una tesi creazionista? Non ne­cessariamente.
Primo, perché il "disegno intelligente" non si oppone all'evoluzione tout court, ma sostiene che la teoria di Darwin contenga una "scatola nera", un'area oscura a causa della quale non riesce a spiegare la complessità biochimica della vita. Secondo, perché si ferma ad intravedere un progetto articolato che rimanda al di là della natura e non lo riconduce necessariamente ad un Creatore personale. Insomma, è più vicino ad un teismo filosofico di stampo causativo-trascendente che non al teismo biblico. Certamente, può essere letto in chiave creazionista ed è per questo che molti ambienti creazionisti negli USA sono dei sostenitori convinti del "disegno intelligente". Esso invita a scorgere una "progettualità al di là delle leggi di natura" e l'A. ne espone gli argomenti scientifici in modo puntuale (anche se spesso è necessaria una media cultura scientifica per seguirli), aggiornati da una postfazione scritta nel 2006.

Il "disegno intelligente" ha l'indubbio merito di mettere in discussione su base scientifica il dogma del darwinismo ateista come unica teoria scientifica sostenibile. Per questo i fondamentalisti neo-darwiniani lo osteggiano in modo violento ed è anche per questo che, invece, merita di essere preso sul serio e conosciuto anche in Italia. Nel nostro Paese, il neo-darwinismo (da Umberto Veronesi a Piergiorgio Odifreddi) si presenta in modo arrogante come unica lettura scientifica degna di questo nome, ma la questione è più complessa e questo libro getta il sasso nello stagno. L'ottima traduzione e il serio lavoro condotto sull'apparato critico rendono il volume un biglietto da visita adeguato del "disegno intelligente".

Leonardo De Chirico


ACQUISTA QUESTO LIBRO
(vedi i dettagli)

ALTRE RECENSIONI

Intelligent Design. Il ponte fra scienza e teologia

WILLIAM A. DEMBSKI

Recensione pubblicata sul sito Web Progetto Cosmo (www.progettocosmo.altervista.org)

La casa editrice Alfa & Omega ha tradotto e pubblicato Intelligent Design - Il ponte fra scienza e teologia di William Dembski. È la traduzione italiana del libro Intelligent Design - The bridge between science & theology, uscito nel 1999 negli USA.

Trattandosi di uno dei primi libri che William Dembski ha scritto consente di capire nei dettagli la genesi delle idee di questo autore che, sia dai suoi sostenitori che dai suoi detrattori, è universalmente considerato come uno dei maggiori teorici dell'Intelligent Design, se non il maggiore. L'iter concettuale di Dembski parte da una panoramica storica dei rapporti fra scienza e speculazione teologico-filosofica. Rapporti che, come tutti sanno, sono andati deteriorandosi nel tempo a partire da una concezione della scienza come alleata della metafisica fino a sfociare nell'impostazione puramente naturalistica della scienza moderna, nemica della metafisica. Un'analisi della teoria dei segni ordinari o straordinari come indicatori decisionali utili ad un eventuale inferenza progettuale nei confronti di realtà della natura costituisce il logico punto di partenza dell'argomento.

La seconda parte del libro affronta il problema della costituzione di una "teoria del progetto". L'autore si chiede cosa ha comportato l'aver abiurato troppo frettolosamente alla possibilità di sviluppare e usare una tale teoria. Qui interviene forse l'intuizione più fondamentale del movimento intellettuale del disegno intelligente, il quale si chiede, visto che la scienza positivista riduce tutto alla quantità a scapito della qualità, è possibile con strumenti quantitativi determinare se un sistema è progettato? In altre parole il disegno intelligente accetta la sfida del positivismo e lo combatte con le sue stesse armi! Da un punto di vista teorico la misura della qualità tramite la quantità non è mai perfettamente rigorosa per questioni di principio. Ciononostante per paradossale che possa sembrare la quantità ci può informare della presenza della qualità nei sistemi artificiali e naturali e della sua causa ultima, l'intelligenza. In ultimo vengono analizzati questi possibili strumenti quantitativi, che si basano fondamentalmente sulla misura dell'informazione come concepita da C. Shannon e sul calcolo delle probabilità. In questo modo la teoria del disegno intelligente viene ad essere basata sull'informatica e la matematica, due pilastri contro cui le critiche del positivismo metodologico e del naturalismo scientista poco o nulla possono. A questo punto il concetto di informazione complessa specificata (CSI) viene formalmente stabilito e il cosiddetto criterio o filtro di complessità-specificazione applicato ad  un sistema in esame da come output un responso booleano: il sistema è o non è progettato. È spiegato come la CSI non possa essere generata ne dal caso ne dalla necessità (cioè da leggi chimico-fisiche) ne da un miscuglio di entrambi. Un altro merito di Dembski è di aver stabilito - già in questo libro - nel campo dell'informazione una specie di equivalente del principio di conservazione della materia e dell'energia che vale in fisica. Secondo una delle sue possibili interpretazioni, questo principio stabilisce che in un sistema l'informazione non può nascere dal di dentro ma richiede una sorgente esterna. E questa sorgente esterna, se l'informazione è CSI, deve essere necessariamente un agente intelligente.

La terza parte della trattazione fa tesoro degli strumenti sviluppati nella parte precedente e, in un certo senso, fa vendetta della situazione illustrata nella prima parte, proponendo una reintroduzione del concetto di progetto nella scienza moderna. Ovviamente le prime due applicazioni che vengono in mente sono quella cosmologica e quella biologica. La prima si è espressa in astronomia e astrofisica nella concezione del cosiddetto "Fine Tuning" o "taratura fine" dell'universo, ovvero nella constatazione che tutto nell'universo è impostato con estrema precisione per ospitare infine la vita. La seconda - come è facile intuire - costituisce una sfida seria e scientifica al Darwinismo e a tutte le concezioni evoluzionistiche basate unicamente sul caso e sulla selezione naturale in biologia. Un eventuale successo dell'Intelligent Design, cioè il ritorno ad una scienza che non escluda aprioristicamente cause intelligenti per la natura, consentirebbe di sanare l'incresciosa situazione storica e intellettuale (o meglio anti-intellettuale) descritta all'inizio, cioè - in due parole - di riconciliare scienza e teologia, e questo da conto del sottotitolo del libro.

Molto interessante è anche l'appendice del libro contenente una decina di obiezioni che vari oppositori hanno sollevato alle tesi del disegno intelligente e alle quali l'autore risponde con grande chiarezza e sicurezza.

ACQUISTA QUESTO LIBRO
(vedi i dettagli)

ALTRE RECENSIONI

bnr pacchi convenienza

Visita anche le pagine Remainders, e Riviste pastorali

Log In or Register

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e per fornirti un'esperienza migliore. Se usi questo sito acconsenti all'utilizzo dei cookie. Per saperne di più leggi la nostra cookie policy.