Cosa rende una chiesa evangelica?
INDICE
Introduzione
1 Una
prospettiva trentennale
2 La necessità
di ravvivare l’evangelicalismo
3 Sola
Scrittura: il principio formale
4 La giustificazione
per fede: il principio materiale
5 Solo a Dio
la gloria: verso una nuova riforma
6 Cosa devo
fare adesso?
Estratto dal capitolo 1
Quando nel 1966, dopo aver compiuto i miei
studi teologici in Europa, tornai negli Stati Uniti per lavorare con la rivista
Christianity Today, scoprii che in quel periodo gli evangelici stavano
crescendo e che la loro influenza aumentava significativamente. Christianity
Today aveva contribuito fattivamente a questo fenomeno. Sotto la guida del
primo editore, Carl F. Henry, la rivista aveva lanciato una vera e propria
sfida alle chiese liberali e, più direttamente, alla rivista Christian
Century, promotrice del pensiero teologico liberale. Le chiese evangeliche
crescevano e, uscendo dai loro confortevoli ghetti suburbani, cominciavano ad
opporsi attivamente alla cultura secolare.
Notando questa tendenza, dieci
anni più tardi, la rivista Newsweek definì il 1976 come “l’anno degli
evangelici”.
Le chiese liberali
Nello stesso periodo si osservava un grande
declino delle chiese storiche. Dal 1968 al 1980 sono stato un membro di una
delle denominazioni più numerose, ma compresi che si stava cercando di compiere
l’opera di Dio seguendo dei metodi secolari. Il risultato fu il rapido declino.
Le chiese storiche si erano adeguate al mondo, avevano accolto la sua sapienza,
abbracciato la sua teologia, seguito i
suoi programmi e impiegato i suoi stessi metodi.
1. Sapienza mondana. Nella chiesa antica i cristiani si ponevano
dinanzi alle loro Bibbie ammettendo la loro ignoranza sulle realtà spirituali.
Essi confessavano che, senza la grazia di Dio e il ministero dello Spirito
Santo che rivelava loro la sapienza della Bibbia, essi sarebbero stati del
tutto incapaci di comprendere le Scritture. Quei credenti ricercarono la
sapienza di Dio nella Scrittura, ma questa antica saggezza è stata del tutto
rigettata dalle chiese “liberali” che hanno zittito la voce di Dio la quale,
mediante la Scrittura, chiama continuamente le chiese ad una riforma.
A causa di un tale atteggiamento conseguirono
tre dolorosi effetti nella vita di queste chiese. Anzitutto nei conduttori
sorse molta incertezza su cosa si dovesse credere e mantenere delle “vecchie”
dottrine. In genere si è cercato di celare tale atteggiamento che, tuttavia, è
stato percepito in modo talmente reale che molte persone iniziarono ad
abbandonare queste chiese per frequentare ambienti più conservatori. La gente
non è attratta da chiese che non sanno cosa credono. In secondo luogo le chiese
liberali abbracciarono gli schemi e i valori morali mondani. Perdendo le
caratteristiche che le distinguevano, si ridussero ad essere solo un pallido
riflesso della cultura nella quale si trovavano. In terzo luogo, ogniqualvolta
c’erano delle decisioni da prendere, queste chiese non si rivolsero più solo
all’insegnamento della Bibbia, ma adottarono un metodo che rispondeva meglio alle opinioni correnti che
io definisco “la saggezza del 51 per cento dei votanti”. In fondo gli affari si
fanno solo quando c’è il consenso! Ho imparato che quando i cristiani rigettano
l’autorità divina della Bibbia, qualche altra autorità occupa immediatamente il
suo posto.
2. Teologia mondana. Come se ciò non bastasse le chiese più
influenti hanno adottato anche una teologia mondana, i cui principî non sono
difficili da definire: tutti gli esseri umani sono fondamentalmente buoni,
nessuno è veramente perduto e la fede in Gesù Cristo, seppure può essere utile,
non è necessaria per essere salvati.
Questa teologia ha continuato a
mantenere la terminologia biblica, ma attribuendo significati assai diversi
alle parole. Ad esempio il termine peccato cessò di essere definito come
la ribellione a Dio e la trasgressione della sua legge santa e giusta verso la
quale gli uomini sono responsabili, e fu identificato con l’ignoranza o
l’oppressione presente nelle strutture sociali. Il rimedio proposto contro il
peccato fu, quindi, il processo di trasformazione sociale, mediante nuove leggi
o perfino ricorrendo alla rivoluzione. Anche la figura di Gesù fu
riconsiderata: egli cessò di essere il Dio incarnato che muore per la salvezza dei peccatori, per
divenire “un modello di vita creativa”. Questo nuovo Gesù è solo un esempio da
imitare, non più un Salvatore divino. La salvezza si ridefinì come una
liberazione dall’oppressione delle strutture sociali. L’aver fede
significò prendere coscienza di questa oppressione e iniziare a fare qualcosa
per migliorare la situazione. Evangelizzare non significò più annunciare
il Vangelo di Gesù Cristo ad un mondo che perisce, ma agire mediante i centri
del potere secolare per vincere l’ingiustizia.
3. Programmi mondani. Nelle chiese liberali divennero molto
popolari slogan del tipo “Il mondo deve entrare nei nostri programmi”. Il senso
di tali affermazioni era che la chiesa doveva preoccuparsi dei problemi del
mondo, fino ad escludere, se necessario, il Vangelo. Se il bisogno prioritario
era la fame nel mondo, questo problema avrebbe dovuto occupare il primo posto
anche nella lista delle priorità della chiesa. E poi? Quali altri temi dovevano
avere la precedenza per i cristiani? Eccoli: il razzismo, l’ecologia, i
problemi connessi all’invecchiamento e così via.
4. Metodi mondani. Il campo metodologico fu quello dove il
mondo inferse la sconfitta definitiva alle denominazioni storiche. I metodi
stabiliti da Dio per compiere la sua opera sono: (a) la partecipazione, (b) la
persuasione e (c) la preghiera. Proprio questi tre metodi, in particolar modo
la persuasione e la preghiera, sono stati giudicati dalle chiese liberali
assolutamente inadeguati. Al loro posto si propose un vangelo fondato sul
potere politico e sulla forza del denaro. Fu proprio allora che sul giornale The
New Yorker apparve una vignetta che ben coglieva, ironicamente, tale situazione.
In quella vignetta erano raffigurati due “padri pellegrini”, fondatori della
nazione americana, e l’uno diceva all’altro: «Il mio obiettivo a breve termine
è senz’altro la libertà religiosa, ma quello a lungo termine è di farmi una
posizione!»
La secolarizzazione delle chiese evangeliche
In questi ultimi anni sono stato
profondamente scosso dalla scoperta che le cose dette a riguardo delle chiese
liberali negli anni sessanta e settanta si applicano, oggi, anche alle chiese
evangeliche.
È mai possibile che anche gli evangelici, che da sempre si oppongono al
liberalismo e ai suoi metodi, si siano lasciati sedurre dall’amore di “un regno
di questo mondo” facendo proprie le armi della politica e del denaro per
conquistarselo? Credo di sì. Alcuni anni fa Martin Marty, che è sempre stato un
acuto osservatore della chiesa americana, ha dichiarato in un’intervista che, a
suo giudizio, entro la fine del secolo gli evangelici sarebbero state le
persone più mondane d’America. Martin ha centrato il bersaglio!
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