la dottrina del ravvedimento

 

Thomas Watson

 

 

 

INDICE

Lettera al lettore

I.               Discorso introduttivo

II.             Il falso ravvedimento

III.           La natura del vero ravvedimento (1)

IV.           La natura del vero ravvedimento (2)

V.             Perché dobbiamo ravvederci?

VI.           Una seria esortazione al ravvedimento

VII.         Altre ragioni rilevanti per ravvedersi

VIII.       Esortazioni a ravvedersi al più presto

IX.          Un incoraggiamento per chi si è ravveduto

X.            Ciò che ostacola il ravvedimento

XI.          Ausili per il ravvedimento (1)

XII.        Ausili per il ravvedimento (2)

 

 

Lettera al lettore

Caro lettore cristiano, le due grandi grazie che sono es­senziali ai santi per questa vita sono la fede e il ravvedi­mento. Sono queste le due ali con le quali possiamo volare verso il cielo! La fede e il ravvedimento preservano la vita spirituale come il calore e l’umidità rendono abitabile il nostro mondo. La grazia della quale voglio parlarvi è quella del ravvedimento.

Giovanni Crisostomo ritenne che fosse proprio questo l’argomento più appropriato, quando dovette predicare davanti all’imperatore Arcadio. Agostino fece scrivere i Salmi penitenziali davanti al suo letto, in modo da poterli leggere quando era coricato e spesso, leggendoli, pian­geva. Esortare al ravvedimento non è mai fuori luogo: bi­sogna farlo tanto frequentemente quanto gli artificieri adoperano i loro attrezzi e i soldati le proprie armi. Non credo di sbagliarmi se ritengo che, nella nostra epoca, sia mag­giormente necessario trattare argomenti pratici piuttosto che quelli controversi o polemici.

Avevo pensato di dimenticare queste meditazioni in uno dei cassetti della mia scrivania, ma comprendo che sono di grande attualità in tempi come quelli in cui vi­viamo e così le ho rispolverate e, adesso, le propongo al vostro giudizio.

Il ravvedimento è un purgante; non temete l’effetto di questa pillola! Crisostomo disse: “Colpisci la tua anima. Colpiscila e scamperà dalla morte”! Quanto saremmo felici se fossimo molto più convinti di peccato e se i nostri occhi imparassero a piangere più spesso! Il peccatore è travagliato quando lo Spirito Santo agita le pure acque del ravvedimento. Le lacrime spengono il fuoco dell’ira di Dio. Il ravvedimento si diletta nella pietà e procaccia la misericordia. Quanto maggiore sarà il rammarico ed il travaglio del nostro spirito alla conversione, tanto meno soffriremo in seguito.

Carissimi, soffrirete per altre cose e non per il peccato?

Le lacrime procurate dagli affanni mondani ca­dono a terra, ma quelle dei santi sono raccolte negli otri di Dio (Salmi 56:8). Non ritenete superfluo piangere per le cose sante. Tertulliano affermò di se stesso di non essere nato per alcun’altra ragione se non per ravvedersi!

Se il peccato non sarà affogato nelle lacrime del ravvedimento, sarà l’anima ad essere arsa nel fuoco eterno! E non si affermi che il ravvedimento è qualcosa di troppo dif­ficile! Le cose preziose costano molta fatica. La gente non è disposta a scavare con fatica per estrarre l’oro dalla miniera? È meglio giungere in cielo attraversando molte difficoltà che andare agevolmente all’inferno! Provate a pensare a quello che i dannati sa­rebbero disposti a dare ed a fare pur di udire un araldo di Dio proclamare loro un appello al ravvedimento! Quanti sguardi desiderosi e sospiri mandereb­bero al cielo! Quanti fiumi di lacrime farebbero scorrere dai loro occhi! Ma ormai è troppo tardi. Ora le lacrime servono solo a compiangere la propria follia e non per ottenere grazia. Oh, che ciascuno di noi faccia pace con Dio prima di essere riposto nella tomba! Domani potrebbe essere il giorno della nostra morte, sia oggi il giorno del nostro ravvedimento! Così imiteremo i santi antichi che amareggiarono la loro anima, sacrificarono le proprie pas­sioni e vestirono il cilicio nella speranza delle vesti bian­che.

Oltre che per le nostre mancanze personali, anche le deplorevoli condizioni della nostra nazione richiedono le nostre lacrime. Non sappiamo ciò che ci aspetta in futuro. Tuttavia, possiamo osservare che vapori neri e tetri salgono continuamente al cielo. Perciò, dobbiamo temere che presto tuoni minacciosi comince­ranno a far sentire il loro fragore. Tutto questo non ci do­vrebbe far rinsavire e riempire di uno spirito d’umiltà? Dormiremo in cima all’albero maestro mentre i venti soffiano dai quattro canti del cielo? Oh, non abbiano riposo le pupille dei nostri occhi! (Lamentazioni 2:18).

Non voglio scagliare altri dardi, ma che sia Dio ad ag­giungere la sua benedizione a questo lavoro e a ben dirigere la freccia in modo che, anche se scoccata male, possa rag­giungere il segno e colpire a morte il peccato.

Queste saranno le ardenti preghiere di chi desidera tutto il bene e la felicità dell’anima vostra,

 

Thomas Watson

25 Maggio 1668

 

 

Discorso introduttivo

L’Apostolo Paolo, quando fu accusato da Tertullo di es­sere una peste e colui che eccitava sedizioni in ogni parte del mondo (Atti 24:5), si discolpò davanti a Festo e al re Agrippa (Atti 26). In quell’occasione Paolo fornì la prova di essere un oratore. Infatti attirò l’attenzione del re sia con la sua ge­stualità, stendendo la mano secondo il costume degli ora­tori, sia col suo modo di parlare dicendo: “O re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei” (Atti 26:2).

In seguito Paolo parlò di tre argomenti in modo così convincente da toccare profondamente la coscienza del re (Atti 26:28). In primo luogo, l’apostolo parlò del suo stile di vita prima di convertirsi e disse: “Son vissuto come fariseo, secondo la più rigida setta della nostra religione” (Atti 26:5). Prima di convertirsi era così infiammato dal falso zelo della tradizione, da incenerire tutti i cristiani che incrociavano la sua strada: “Rinchiusi nelle prigioni molti santi e, quando erano messi a morte, io davo il mio assenso” (Atti 26:10). Inoltre, egli parlò della sua conversione: “A mezzogiorno, o re, sulla strada io vidi una luce dal cielo più splendente del sole” (Atti 26:12). Quella luce era una visione del Cristo glorificato. Paolo udì anche una voce che diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti”? Egli era fisicamente abbattuto, ma la sua voce s’innalzò lo stesso al cielo: “Chi sei tu, Signore”? E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (Atti 26:14-15).

Paolo fu completamente svuotato di se stesso. Tutte le pretese di giustizia personale erano svanite e la sua speranza fu in­nestata sul tronco della giustizia di Cristo. L’apostolo Paolo parlò, infine, della sua vita dopo la conversione. Colui che era stato un persecutore divenne un predicatore: “Alzati e sta’ in piedi, perché per questo ti sono apparso: per costituirti ministro e testimone delle cose che tu hai visto” (Atti 26:16). Quando Dio stabilì Paolo come un ‘vaso eletto’, l’apostolo lavorò per rimediare a tutto il male che aveva commesso. Dapprima aveva perseguitato i santi fino a farli morire, in un secondo tempo predicò la vita in Cristo Gesù ai peccatori. In un primo tempo, egli fu mandato da Dio ai Giudei di Damasco e, in seguito, anche ai popoli pagani. L’argomento della sua predicazione fu questo: “Di ravvedersi e di convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento” (Atti 26:20). Quale argomento grave e solenne!

Non ho intenzione di disputare per stabilire se, nell’applicazione della salvezza, venga prima la fede o il ravvedimento. È evidente, però, che il ravvedimento è il primo degli effetti osservabili nella conversione. Personalmente, credo che, prima d’ogni cosa, debba essere piantato il seme della fede nel cuore dell’uomo. Un esempio valido può essere quello di una candela accesa che è messa al centro di una stanza buia: la luce è ciò che si vede immediatamente, ma la can­dela è l’oggetto che la fa risplendere. Allo stesso modo, i frutti del ravvedimento sono i primi a manifestarsi, sulla base, però, di una fede già esistente. Ciò che mi spinge a pensare che la fede sia preesistente nel cuore rispetto al ravvedimento, è che quest’ultimo è una grazia, e perciò si può manifestare solo in un cuore vivificato. Dunque, non è scritto che l’anima vive grazie alla fede? ‘Il giusto vivrà per fede’ (Ebrei 10:38). Quindi, il seme della fede esiste già nel cuore del penitente; diversamente si tratta di un falso ravvedi­mento, privo di valore.

Ad ogni modo, sono del parere che il ravvedimento sia di una tale importanza, che senza di esso è impossibile es­sere salvati. Dopo il naufragio, Paolo si aggrappò ad un relitto della nave e grazie ad esso raggiunse la spiaggia. A causa del peccato di Adamo, ciascuno di noi ha fatto nau­fragio e il ravvedimento è l’unico appiglio che ci permette di raggiungere il cielo.

L’esortazione più comune e solenne nel Nuovo Testa­mento è quella a ravvedersi e di volgersi a Dio: “Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3:2); “Ravvedetevi dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati” (Atti 3:19); “Ravvediti dunque da questa tua malvagità” (Atti 8:22). Questa verità è dunque confermata dalla bocca di tre testimoni. L’opera della grazia è edificata sul ‘fondamento del ravvedimento’ (Ebrei 6:1). Una professione di fede non fondata sul ravvedimento è desti­nata a crollare miseramente. Il ravvedimento è una grazia che l’Evangelo richiede. Il primo sermone di Gesù cominciò con l’ordine di ravvedersi (Matteo 4:17) e prima di ascendere al cielo affermò che nel suo nome si sarebbe predicato ‘il ravvedimento e il perdono dei peccati a tutte le genti’ (Luca 24:47). Tutti gli apostoli batterono molto su questo punto; infatti sappiamo che ‘predicavano che la gente si doveva ravvedere’ (Marco 6:12).

Il ravvedimento è una pura grazia che scaturisce dall’Evangelo. Il patto delle opere[1] non presupponeva la possibilità del ravvedi­mento. Il suo principio fondamentale era: pecca e morrai. Il ravvedimento è parte del messaggio dell’Evangelo della grazia. Cristo ha stabilito infatti che, in virtù del suo sangue, il peccatore che si è ravveduto sia salvato. La legge richiedeva un’ubbidienza perfetta, personale e perpe­tua e malediceva tutti coloro che non l’avreb­bero osservata in questo modo: “Maledetto chiunque non perse­vera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” (Galati 3:10). Non è scritto che colui che disubbidisce alla legge deve pentirsi, ma che è maledetto. Quindi, il ravvedimento è una dottrina che è stata portata alla luce dall’Evangelo.

In quale modo è operato il ravvedimento? Il ravvedimento si compie in parte, tramite la Parola: “Or essi, udite queste cose, furono compunti nel cuore” (Atti 2:37). La Parola predicata è lo strumento che Dio usa per produrre il ravvedimento. Essa è paragonata ad un martello o al fuoco (Geremia 23:29), il primo per rompere il cuore, il secondo per scioglierlo. Quale gran benedi­zione è poter usufruire della Parola di Dio! Coloro che la rigettano non potranno evitare di essere condannati. Inoltre, il ravvedimento si compie tramite l’opera dello Spirito Santo. I servitori di Dio possono essere paragonati alle canne di un organo: lo Spirito Santo soffia in loro facendo in modo che il loro suono sia efficace: “Mentre Pietro stava ancora dicendo queste cose, lo Spirito Santo scese su tutti coloro che udivano la Parola” (Atti 10:44). È lo Spirito che, attra­verso la Parola, illumina e converte. Quando lo Spirito Santo tocca un cuore, esso si dissolve in lacrime: “Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto” (Zaccaria 12:10).

è molto edificante osservare gli svariati effetti della Parola di Dio sugli uomini. Alcuni reagiscono come alla predica­zione di Giona: il loro cuore si commuove e si scioglie in lacrime; altri, invece, non sembrano interessarsi molto di più di quanto faccia un sordo davanti alla più bella delle sinfonie. Alcuni migliorano, ascoltando la Parola di Dio, altri peggiorano. Lo stesso terreno che rende l’uva dolce, rende l’assenzio amaro. Qual è la ragione per cui la Parola ha degli effetti così diversi? Perché essa convince la coscienza di alcuni e non di altri. Non tutti ottengono l’unzione divina (I Giovanni 2:20). Oh, preghiamo che la rugiada dello Spirito possa cadere insieme alla manna della Parola! Il carro della Parola non ci può condurre al cielo, se lo Spirito Santo non vi sarà montato (Atti 8:29).



[1]L’espressione ‘patto delle opere’ indica il patto che Dio stabilì nel principio con Adamo. In tale patto Dio prometteva ad Adamo vita eterna a condizione di un’ubbidienza perfetta. Viceversa, in caso di disobbedienza, l’uomo sarebbe stato condannato (N. d. E.).