a Dio sia la gloria
INDICE
Introduzione
1 Una prospettiva
radicale
2 La gloria di Dio:
il suo significato
3 La gloria di Dio:
lo scopo della creazione
4 La gloria di Dio:
lo scopo primario dell’uomo
5 La gloria di Dio:
il significato della salvezza
6 La gloria di Dio:
la creazione di uno stile di vita
7 Un appello a
ricercare una visione geocentrica della vita
Non molto tempo fa mi trovavo in una certa chiesa per
partecipare al culto di adorazione. Proprio all’inizio del culto, il coro,
composto da gente esuberante, ci invitò ad adorare e celebrare il Signore
cantando con le braccia alzate un inno dal titolo “Mi sento bene”. Confesso di essere stato profondamente disturbato
da tale invito all’adorazione, poiché tutto dava l’impressione che noi non
abbiamo bisogno di andare a Dio ma che, piuttosto, egli dovrebbe apprezzare
quando gli dedichiamo un pochino di tempo, ritagliato dalla nostra fitta
agenda, per riconoscere la sua esistenza. Contrariamente a questo modo di fare,
la ragion d’essere della vera fede e del radunarsi per adorare è celebrare la
gloria di Dio e, adorando la sua persona, confessare la sua grazia verso di
noi.
Molte chiese sono divenute preda
dell’assimilazione culturale. Hanno degenerato fino a sublimare il peggior
egoismo celebrando Dio primariamente per la sua “funzione” di donatore, ed
hanno cominciato a diffondere un messaggio che non differisce affatto dal
diffuso narcisismo culturale e dal più barbaro utilitarismo. Tali chiese si sono
adattate alla naturale tendenza umana della ricerca di ciò che non è eterno e
hanno praticamente rifiutato l’adorazione genuina. Questa, infatti, è
incentrata sull’infinita dignità di Dio e sulla nostra assoluta dipendenza da
lui. Adorare Dio non significa “rallegrarsi di stare bene” celebrando la nostra
buona condizione socio-economica!
Ogni persona sensata dovrebbe riverire un Dio che sostiene ed
opera in favore dell’intero universo, ma le chiese non esistono per bearsi
della loro prosperità e del loro
benessere; piuttosto si deve adorare Dio per la sua generosità nel fare grazia
e nel perdonare.
L’erosione della
centralità di Dio
Fin
dal XVII secolo la forza delle idee filosofiche più all’avanguardia ha prodotto
una spirale discendente nella vita e nei valori della cultura occidentale. Il
concentrarsi su Dio e sulla sua Parola ha un effetto liberatorio sulle persone,
mentre l’allontanamento dalla Parola e il ripiegarsi su di sé non induce che
alla schiavitù. L’età moderna (1750-1900), affondando le sue radici
nell’illuminismo e nella sua estrema esaltazione della ragione o della
rivelazione naturale, ha rimarcato la perfettibilità umana mediante i mezzi del
progresso scientifico e culturale rigettando la dottrina biblica
dell’insufficienza dell’uomo. In un mondo che appariva sempre più proteso al
miglioramento e volto ad una crescente benevolenza, si riposero tutte le
speranze nelle facoltà della ragione umana. Questa visione del mondo e della
vita, però, s’infranse sotto il peso di una caterva di evidenze contrarie. Le
guerre mondiali e i genocidi dei secoli scorsi ci hanno dimostrato che, mentre
la scienza è in grado di migliorare la vita in molti modi straordinari, la
cultura secolare non può modificare il lato oscuro della specie umana.
Piuttosto, l’aumento di conoscenza lo rende ancora più buio e pericoloso.
L’età moderna si è ormai conclusa; tuttavia non si è tornati
alla concezione biblica del mondo tipica del I secolo dell’era cristiana o
della Riforma del XVI secolo. Anzi siamo di fronte ad una forma ancora più
grave di disperazione umana. L’epoca moderna, infatti, aveva nutrito la
speranza di raggiungere la coesione universale mediante l’assunzione di una
prospettiva morale comune, ma tale speranza si rivelò una chimera. A
rimpiazzarla fu un accentuato egocentrismo, un attaccamento morboso ai diritti
personali e alla morale privata. Nacque così l’età postmoderna che
chiamava gli uomini a un egocentrismo radicale.
Il risultato del postmodernismo è stato quello di produrre
una revisione completa della società. I sociologi hanno lanciato l’allarme,
dallo scrittore secolare Christopher Lasch (The Culture of Narcissism,
New York, W. W. Norton, 1979; tr. it. La cultura del Narcisismo, Milano,
Bompiani, 1992) all’apologeta cristiano Francis Schaeffer, fino alle geremiadi
scritte recentemente da George Barna, Michael Horton e David Wells.
Consideriamo ora alcune manifestazioni del postmodernismo.
1. La trivializzazione
dei valori. Tale tendenza deriva dal consumismo, dall’accumulazione delle
ricchezze e dalla passione smodata per gli sport e gli svaghi. Mentre in
Occidente si vive per il puro ed effimero godimento del piacere, le virtù
pubbliche si sbriciolano e scompaiono nell’abisso dei valori privati e
individuali.
2. Il profondo narcisismo e lo stile di vita egocentrico. Com’è dimostrato dall’interesse e dai gusti delle masse,
sembra che la valutazione della prestanza fisica (la virtù della forza), della
bellezza esteriore (l’arte dell’attrazione) e del denaro (investimenti e
pensioni integrative) siano più importanti di qualunque altra cosa, mentre
l’amore verso il prossimo e la disponibilità al sacrificio per il bene altrui
sono svaniti.
3. La mancanza di gratitudine. Preoccupati come siamo di pensare a noi stessi, abbiamo
perso la grazia di essere riconoscenti. Il nostro mondo diviene sempre più
triste perché, visto che gli autori e gli artefici di ogni cosa buona siamo noi
stessi, non rimane nessuno da dover ringraziare.
A causa di tali tendenze non c’è da meravigliarsi se in molte
chiese cristiane è venuto meno il senso della chiamata ad una adorazione di Dio
seria e devota. Ciò che manca non è la forma dell’adorazione, perché ogni
chiesa ha la propria, ma la profonda contrizione e l’umiltà che non possono
mancare dove Dio è realmente adorato. Poiché la prospettiva divina
dell’adorazione è stata abbandonata, per recuperarla sarà necessario rendere a
Dio la centralità che gli è propria.
Il modello della
Riforma
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Il teocentrismo
biblico
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